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Bisogno di legame

Bisogno di legame

Una delle caratteristiche del nostro tempo è l’emergenza dell’individuo. Rispetto ad altre epoche dove era il gruppo ad avere la priorità e l’ultima parola, il nostro tempo punta invece sulla consapevolezza, la responsabilità e l’autodeterminazione dell’individuo. Questo processo di individualizzazione e di rinforzamento della voce del singolo, pur avendo già alle spalle uno, due secoli, non è ancora finito. E’ ancora in atto. La paura che l’individuo sia inghiottito dal sistema e perda la sua individualità non è diminuita nel tempo. Paradossalmente si è accresciuta. Ancora oggi si continua a lottare perché i diritti e le prerogative del singolo non siano ignorati ne calpestati. Prova di questo è per esempio è la legge 219 promulgata il 14 dicembre del 2017 e che riguarda il cosi chiamato “testamento biologico”, cioè il “consenso informato” e le “Disposizioni Anticipate di Trattamento” (DAT). Anche nei momenti finali della propria vita l’individuo non può ne deve subire i processi che lo riguardano. E’ lui fino all’ultimo a dover decidere che cosa deva essere fatto al suo corpo. Deve lui determinare la modalità della propria fine.

Questo fatto fa emergere un paradosso. Che l’individuo rivendichi  per se una maggiore prerogativa  e coinvolgimento nell’andamento del mondo, questo fatto era certamente comprensibile e giustificabile nel medioevo. Che l’individuo continui a rivendicare oggi, nell’epoca di un individualismo radicale, ancora con più forza lo stesso diritto sembra sorprendente. Eppure questa rivendicazione rinforzata nel nostro tempo è giustificata forse ancora di più perché effettivamente i pericoli che minacciano la libertà personale non sono scomparsi ma sembra siano aumentati. La differenza risiede forse nel fatto che mentre nel medioevo le forze che sovrastavano e schiacciavano l’individuo erano forse ed entità  naturali oggi queste  forse sono artificiali e create da noi stessi. In altre parole la libertà che l’uomo moderno ha giustamente rivendicato contro la prepotenza dei poteri forti ed arbitrari del passato, paradossalmente l’hanno portato a costruire nuovi spazi di libertà che nel tempo gli sono sfuggiti di mano e che a loro turno lo schiacciano ed opprimo e dei quali lui non vede l’ora di liberarsi. L’ambivalenza che l’uomo moderno ha giustamente percepito riguardo la soluzione medievale suo malgrado è costretto a vederla nel proprio mondo che lui ha creato. Le tipiche strategie corporative del medioevo che davano protezione e sicurezza ma allo stesso tempo ingabbiavano ed opprimevano gli individui, li vediamo nostro malgrado, rovesciate nel nostro tempo. Infatti gli stessi dispositivi di libertà che noi moderni abbiamo creato con fatica, ci stanno opprimendo. Questo fenomeno è visibile nella finanziarizzazione dell’economia, nella cementificazione delle nostre città, nella spersonalizzazione del nostro sistema sanitario e del nostro sistema educativo e purtroppo anche nella manageralizzazione dei sistemi simbolici e delle comunità di fede.

Per compensare, correggere e anche fuggire gli effetti devastanti dell’individualismo radicale del nostro tempo, che non sono solo quelli di sentirsi soffocati ed schiacciati dalle nostre stesse opere ma anche quello di sentirsi soli, scollegati e abbandonati, gli individui di oggi tendono a creare delle comunità fortemente identitarie e chiuse. Questa emergenza ormai consolidata e trasversale di “comunità identitarie”, rigide ed inflessibili appunto perché scelte come rifugio ad un senso dilagante di solitudine, finalmente non risolvono il problema ma creano invece un mondo schizofrenico. D’un alto abbiamo un individualismo che non stenta a diminuire ma anzi cresce ancora di più e si rinforza con delle nuove modalità di espressione come sono i tablet, i cellulari i nuovi media. D’un altro lato troviamo delle comunità politiche, territoriali, culturali e anche religiose che trovano una nuova pertinenza e validità perché luoghi di rifugio.

Il problema aggiunto è quello delle comunità religiose che ricuperano una validità che sembrava persa perché appunto rispondono ad un bisogno urgente di legame che è cresciuto esponenzialmente fra di noi. Ma invece di offrire quel legame in modo bilanciato, intelligente ed aperto, la più parte delle volte le chiese lo fanno in chiave opposta. Esse accolgono gli individui e li inseriscono in sistemi chiusi e arroccati. Infatti le comunità identitarie, intransigenti, intolleranti, ideologizzate oggi abbondano e purtroppo anche nella chiesa avventista. Questo non solo non risolve il problema individuale, le persone spesso si radicalizzano, ma non lo risolve nemmeno a livello sociale perché crea il sistema del doppio binario. D’un lato durante tutta la settimana l’individuo contemporaneo è radicalmente individualista in ciò che fa e intraprende ma d’un altro lato, una volta a settimana, ed in alcuni pochi altri momenti, lui diventa membro zelante di una comunità chiusa ed ideologizzata. La fede non può prestarsi a questo utilizzo.