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Una religione senza rituali

Una religione senza rituali

I rituali sono l’insieme di norme e formule che regolano lo svolgimento di cerimonie ed eventi ritenuti centrali nell’esperienza di vita.

Essi plasmano la nostra esistenza agendo anche in maniera impercettibile.

Il mondo moderno in generale ed il protestantesimo in particolare hanno voluto fare a meno di queste esperienze rituali, o al meno ridurle consistentemente, considerando che esse sono piuttosto di ostacolo o elementi di pura distrazione nella gestione consapevole e razionale della propria vita.

Questa aspirazione e ossessione ad avere un perfetto controllo sulla propria vita smantellando i rituali tradizionali ha prodotto due effetti inaspettati.

D’un lato essa ha fatto emergere una sensazione di vuoto e di sradicamento che sembra lasciare l’individuo in una situazione di grande vulnerabilità sconosciuta in altri tempi.

D’un altro lato e paradossalmente essa non ha potuto cancellare i rituali ma ha semplicemente permesso il loro spostamento e mutamento in esperienze meccaniche e compulsive che rimangono per molto fuori nostro controllo e soprattutto sono prive di quella trascendenza, solidarietà e spiritualità che comunque caratterizzavano i rituali tradizionali.

E’ dunque possibile una vita ed una esperienza religiosa senza rituali?

Sembrerebbe di no.

Infatti alle lunghe, ripetitive e pompose preghiere cattoliche d’un tempo i protestanti abbiamo sostituito le nostre preghiere espeditive, minimali ed ancora più meccaniche.

Uno dei principali studiosi del rito in Italia è stato l’antropologo Ernesto di Martino secondo cui il rito ha da sempre aiutato l’uomo a sopportare la crisi e la minaccia che si avverte di fronte alla grandezza della natura e al mistero della vita. I comportamenti stereotipati dei riti offrono rassicuranti modelli da seguire, costruendo quella che viene in seguito definita come una tradizione.

L’antropologo Bronislaw Malinowski ha invece messo in evidenza come la componente iniziale religiosa del rito porti ad una funzione sociale, che permette di fondare o di rinsaldare i legami interni alla comunità.

Ed è a questo livello che Emile Durkheim, nel suo noto libro sul “suicidio”, ha introdotto un’analisi importante che riguarda anche noi protestanti.

Durkheim dimostra che il tipo di religione che uno professa è essenziale per l’aumento della proporzione del suicidio in una società.

I protestanti, per esempio, si suicidano più spesso di cattolici ed ebrei nello studio che Durkheim realizza alla fine del ‘800.

Lui conduce il suo studio in Bavaria ma anche in territori diversi come possono essere la Svizzera francese, tedesca ed italiana arrivando alla stessa conclusione.

Egli ritiene che ciò sia dovuto al fatto che i protestanti in gran parte consentono la libertà di pensiero e promuovono una relazione personale tra il fedele e Dio accrescendo così il senso della propria responsabilità e della propria coerenza come meccanismi centrali della fede.

I cattolici hanno invece molti riti compiuti il più delle volte in modo inconsapevole ma più intensamente legati al gruppo.

Ed è al gruppo e al sacerdote che è legata la lettura dei testi sacri comunitari. Anzi l’individuo viene escluso dal divieto di leggere la Bibbia in prima persona.

I protestanti invece leggono la Bibbia nella loro lingua e le interpretazioni sono di gran lunga meno costrette su di loro.

Quindi il protestantesimo diventa così una religione molto più individualista e meno integrata.

Le vite collettive di religioni ritualistiche come quella cattolica, ma anche la religione ebraica aggiunge Durkheim, fungono così da elementi protettivi contro il suicidio.

A distanza di quasi 125 anni dello studio di Durkheim la situazione non è migliorata.

Anzi…

il processo di disgregazione e di smantellamento del legame sociale si è radicalizzato ancora di più diventando onnipresente e trasversale.

E questo coinvolge i nostri quartieri e città quanto le nostre chiese e le nostre famiglie. Per questo motivo la questione non è quella che si chiede si siano o non siano utili i rituali.

I rituali sono essenziali nella vita, la domanda è casomai come costruire dei rituali meno meccanici e meno auto-referenziali.

Nel contesto di un mondo pragmatico ed efficentista, e nelle chiese che spesso si limitano solo a presentare una versione religiosa di questo pragmatismo, l’attenzione a dei rituali meccanici e compulsivi è d’obbligo.

Tutto deve invece tendere ad articolare pratiche continuative (rituali) che promuovano d’un lato una solidarietà non contrattuale ed una spiritualità non opportunistica.